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Il lavoro nobilita l’uomo. Senza lavoro l’uomo non è nobilitato. Con lavoro insufficiente l’uomo è incazzato. Con un lavoro precario l’uomo è mortificato. Con un lavoro flessibile l’uomo è preso per il culo.
Il lavoro c’è, per tutti. È legge dello Stato. È scritto sulla Costituzione. È sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Umanità. La Costituzione della Repubblica italiana, addirittura, al primissimo articolo recita solennemente: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. A rincarare la dose interviene l’articolo 4 che dice chiaramente: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Il lavoro c’è, per legge. Chi afferma il contrario va contro legge. È un diritto sacrosanto di tutti avere un lavoro, guadagnarsi da vivere, avere una ricchezza, una dignità, farsi una famiglia, costruirsi un futuro. I disoccupati, i tanti disoccupati, i milioni di disoccupati dovrebbero essere arrestati perché trasgrediscono una legge nazionale e una legge mondiale. Il lavoro c’è, anche se flessibile c’è. La flessibilità nel lavoro è un concetto importantissimo. Il lavoro non solo c’è ma si dilata, si allunga, si allarga. E si accontentano più persone. Il lavoro flessibile è il lavoro moderno. È meno gravoso, più europeo. Chi ci sta, fatica poco. Con il lavoro flessibile tutti i flessibili sono contenti e soddisfatti. I lavoratori flessibili hanno, infatti, molto più tempo libero da dedicare all’approfondimento sul tema del guadagno flessibile e più tempo per lavorare all’organizzazione di manifestazioni di piazza, alle emigrazioni o agli stati di disperazione.









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